sabato 16 gennaio 2010

Spartacus giunge alla conclusione

ROMA - La Cassazione conferma tutti e sedici gli ergastoli contro il clan dei Casalesi. Si è concluso così, questa sera, il processo "Spartacus" che vedeva alla sbarra una delle più sanguinarie cosche della camorra. Dopo quasi cinque ore di camera di consiglio, il collegio della Suprema Corte, presieduto da Edoardo Fazzioli, ha emesso il suo verdetto respingendo tutti i ricorsi presentati dai 24 imputati accusati e condannati per diversi reati tra cui associazione mafiosa, omicidio, porto abusivo d'armi e estorsione.

Tra gli imputati più noti ci sono: Francesco Schiavone (Sandokan), Francesco Bidognetti, Michele Zagaria e Antonio Iovine. Gli ultimi due sono latitanti. Confermata in toto la sentenza della Corte d'appello di Napoli.

Le condanne. Oltre ai sedici ergastoli, la suprema corte, in particolare, ha rigettato e dichiarato inammissibili anche i ricorsi di altri otto imputati per i quali sono state confermate le condanne dai 3 ai 20 anni. In particolare, diventano definitive le condanne per Antonio Basco (21 anni), Luigi Diana (16 anni, oggi pentito); Nicola Pezzella (15 anni). Dieci anni e mezzo vanno al collaboratore di giustizia Carmine Schiavone. Guido Mercurio è stato condannato a 9 anni, Corrado De Luca - attualmente latitante - a 8 anni. Quattro anni per Alberto Di Tella, 3 anni e tre mesi per Vincenzo Della Corte.

Il processo. E' dal 1986, anno della sentenza Bardellino, che mancava una condanna così complessiva e definitiva alla criminalità organizzata più potente del casertano. Il processo 'Spartacus' è il risultato di una inchiesta condotta per cinque anni, dal '93 al '98, dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli. Le indagini furono alimentate dalle dichiarazioni di molti collaboratori di giustizia e hanno messo in luce, anche attraverso la ricostruzione di 18 omicidi, l'affermazione del clan dei Casalesi e la crescita del suo potere economico. L'indagine diede origine a più tronconi processuali. Il primo grado del processo 'Spartacus' iniziò nell'estate del '98, snodandosi poi per sette anni con 630 udienze e l'ascolto di oltre 600 testimoni. La sentenza fu emessa dal collegio, presieduto dal giudice Raffaele Magi, il 15 settembre 2005. Pochi meso dopo iniziò il processo di secondo grado, conclusosi nel 2008 con la sentenza che oggi la Cassazione ha confermato in toto.


I condannati. La sentenza "azzera" i vertici dei casalesi: Francesco Schiavone, detto Sandokan, il capo indiscusso, il suo (ormai ex) braccio destro Francesco Bidognetti, soprannominato Cicciotto è mezzanotte, e i due boss latitanti che avrebbero acquisito in questi anni il ruolo di reggenti dell'organizzazione, ovvero Antonio Iovine e quel Michele Zagaria che si fece costruire la villa sul modello di quella di Scarface interpretato da Al Pacino.

Il processo Spartacus, dal nome dello schiavo che capeggiò la rivolta contro l'Impero romano e che nelle intenzioni dagli inquirenti Antimafia doveva simboleggiare la ribellione allo strapotere della cosca, racconta soprattutto una lunga catena di omicidi avvenuti tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta. Delitti, spesso portati a termine con la tecnica della lupara bianca, compiuti allo scopo di acquisire il potere all'interno del clan, rimarcare il predominio nella gestione degli affari illeciti e ridurre alla ragione quegli alleati che aspiravano ad accrescere il proprio ruolo entrando in conflitto con i capi storici. L'inchiesta dalla quale è scaturito il dibattimento, sulla scorta delle rivelazioni di diversi pentiti tra i quali Carmine Schiavone, ha consentito di svelare i segreti della potente cosca: si parte dal momento cruciale che è l'eliminazione del capo carismatico, Antonio Bardellino, ucciso in un agguato in Brasile (il cadavere non è stato mai ritrovato) e si prosegue con l'ascesa ai vertici dell'organizzazione del gruppo capeggiato da Francesco Schiavone, noto come Sandokan e con il successivo conflitto con le fazioni che tentavano di ostacolare il predominio dei camorristi di Casal di Principe, come i De Falco e i La Torre.

Scontri generati dall'obiettivo di esercitare il controllo degli affari illegali gestiti da quella che è stata definita "camorra imprenditrice", che converte cioè in attività apparentemente lecite (come l'edilizia e il commercio del calcestruzzo) i proventi delle estorsioni e altri reati.

I Casalesi incassano oggi una pesante sconfitta, ma la partita per l'affermazione della legalità nel Casertano non è affatto chiusa. Negli ultimi tempi infatti la cosca, decimata dagli arresti e dalla decisione di collaborare con la giustizia di altri boss e gregari, appare in cerca di nuovi equilibri ma non affatto rassegnata a deporre le armi.

Per decenni le attività di questo clan, dalla struttura e dalla mentalità più mafiosa che camorristica (che preferiva agire sotto traccia rinunciando per quanto possibile ad azioni eclatanti, tipiche invece della fazione stragista di Giuseppe Setola, anch'egli finito in manette), sono state gestite al riparo dai "riflettori". L'attenzione dei media e dell'opinione pubblica sui Casalesi si è accesa improvvisamente solo in seguito al successo planetario del libro "Gomorra" di Roberto Saviano, in cui le imprese criminali del clan costituiscono il fulcro della narrazione.

Fonte: La repubblica.it

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