martedì 21 dicembre 2010

I Gattopardi... e la questione "Munnezza" per guardare l'oltre l'emergenza





Lunedì 27 dicembre alle ore 18 nella chiesa di San Nicola in Mondragone ritorna il Magistrato Dott. Raffaele Cantone su invito del presidio di Libera "Federico Del Prete". L'occasione è la presentazione del nuovo libro del giudice Cantone intitolato "I Gattopardi - uomini d'onore e colletti bianchi: la metamorfosi delle mafie nell'Italia di oggi". Il tema della serata è «I Gattopardi ... e la questione "munnezza"». L'occasione è propizia per riflettere su un aspetto trascurato dell'infiltrazione camorristica nella vita pubblica e per fare un punto della situazione della perenne questione rifiuti sul nostro territorio, confrontandoci con un amministratore che si è distinto per efficacia delle scelte: il Sindaco di Salerno Vincenzo De Luca. Dopo il saluto del Sindaco di Mondragone Dott. Achille Cennami modererà don Lorenzo Langella. Con questa iniziativa il presidio locale di Libera riafferma la necessità di affrontare questi temi per troppo tempo elusi nel dibattito cittadino e pone la necessità per ognuno di noi di scegliere da che parte stare.

giovedì 14 ottobre 2010

I campani

La camorra, non voglio neanche parlarne,
non mi occupo di buffoni capaci perfino di arruolare
guardie municipali
(Tommaso Buscetta, interrogatorio con Giovanni Falcone)


Mattia Sorrentino, vigile urbano di Mondragone riscuoteva il pizzo per il clan La Torre presso i commercianti del mercato. Federico del Prete lo denunciò e fu ammazzato il 18 febbraio del 2002. Il giorno dopo sarebbe cominciato il processo al vigile urbano Sorrentino.
Il 27 settembre del 2007 viene azzerato il Comando dei Vigili Urbani di San Cipriano: riunioni con pregiudicati, utilizzo privato di auto e cellulari. Utilizzo di cocaina. Inoltre l’accusa indica che: “Giuseppe Iovine con alcuni colleghi, tra cui lo stesso comandante, avrebbero costretto alcuni operatori economici della zona a versare loro somme di denaro, più volte con cadenza mensile”. Giuseppe Iovine è un ex vigile urbano sospeso fin dal 1995 dalla prefettura di Caserta. Ma soprattutto è il fratello di Antonio Iovine: reggente, con Michele Zagaria, del Clan dei Casalesi.
Aveva ragione Buscetta, la camorra arruola anche le guardie municipali. Quando mi imbatto in questa definizione della camorra rifletto come anche l’ultimo baluardo della forma Stato venga compromessa in Campania. Probabilmente la mafia non ha bisogno dei caschi bianchi. Di sicuro permea la società, ma in modo e maniera differente.

Che cosa è quindi la camorra oggi?
Riprendo le parole di Giovanni Falcone: “la camorra napoletana e la ‘ndrangheta calabrese, spesso anch’esse definite mafia, non hanno la struttura unitaria gerarchizzata e a compartimenti stagni di Cosa Nostra. Entrambe hanno un’organizzazione per così dire orizzontale. Fino a quando manterranno una struttura orizzontale, sarà un poco meno difficile combatterle”.
Perché, allora, tutto questo rumore sulla camorra? E’ reale questa sua forza criminale o è semplicemente un banditismo disordinato e cialtrone, violento e brutale?
La provincia di Napoli è costituita da 92 comuni e 3.080.000 di abitanti circa. La provincia di Caserta è costituita da 104 comuni e 910.000 abitanti (sempre circa). Sommando: 4 milioni di abitanti e quasi 200 comuni su 3810 chilometri quadrati. Qui si annida principalmente la camorra. Oggi lo si paventa come un immane problema. Apro il giornale e leggo il seguente titolo: “Esecuzione a Scampia, ucciso il nipote della vittima di Gomorra”.
Non significa nulla, per quante volte lo si voglia rileggere il titolo del quotidiano nazionale, e non locale. Questo è il punto di arrivo di un fenomeno composto da tanti, troppi atomi. Il giornalismo cerca sempre una sola via di spiegazioni, un referente, si può anche accorpare Scampia con la Domitiana (che saranno mai 50 chilometri di distanza?). Oggi si identifica con il termine di facile consumo Gomorra una criminalità diffusa su quasi 200 comuni. Semplificare, ridurre a minimi comuni denominatori. Un puzzle così esteso che invece richiede voci singole per ogni comune. E unendo le voci si può ottenere un quadro bene o male comprensibile. O veramente si vuole credere che una sola persona può conoscere tutto questo territorio e le sue storie criminali? Significa non aver compreso la Campania.
Ogni paese, ogni comune, ogni strada è un mondo a se. Posso discutere di Castel Volturno, ma non di Pignataro Maggiore, perché anche in quella cittadina le storie sono complesse e gli interessi enormi. Così posso discutere di Mondragone, ma non di Scampia, perché anche se la raggiungo in 30 minuti di macchina è un altro mondo ancora. Mondi lontanissimi. La Campania sono innumerevoli atomi. Si accorpa il male nella parola Camorra. Ma quale grande disegno strategico hanno le menti che soprassiedono ai clan? Nessuna.
La nostra è la terra che ha permesso a Giuseppe Setola, un killer spietato, di diventare oggetto di un libro (lo dico con profondo senso di rispetto per coloro che lo hanno scritto). Ed anche lo stesso don Ciro Il Milionario balzato alle cronache perché la strada ha visto qualche decina di cadaveri in più (anche per lui libri che si occupano della sua vicenda) .
Ma chi sono questi uomini, esempio di molti altri? Geni criminali? Strateghi del male? No, criminali spietati ma banali. Accumulatori di denaro, imprenditori geniali perché mai contrastati seriamente. Nessun disegno di controllo del potere tanto quanto la mafia. Buscetta li definiva buffoni. Aveva ragione. Lo stesso clan dei casalesi assunto a potenza del crimine non è probabilmente una metastasi lasciata senza cura? Un deciso intervento della magistratura e delle forze dell’ordine lo ha messo alle corde recentemente. Ma una primigenia e profonda assenza dello Stato ha permesso ad “uomini senza qualità” di assurgere a gradi criminali, che un mondo mafioso serio non li avrebbe degnati neanche di uno sguardo. Tempo fa, in una conversazione con un informatore, ascoltai questa affermazione: “la camorra non esiste più a Napoli. Sono tutte bande di criminali. Come nelle zone del casertano. Ognuno si sveglia la mattina e fa il capo clan”.
Ecco quindi che è necessario mettere a nudo non solo il re, ma anche il camorrista. E chi ne scrive. Loro non valgono nulla, noi anche di meno. Che ci occupiamo di persone senza nessun valore aggiunto. Nessuna strage di giudici, nessun processo che fa tremare le fondamenta della democrazia italiana. Qualcuno risponderebbe: beh meglio così! Invece no.
Sarebbe meglio morire per grande disegno criminale e non per la solita, ma vera, banalità del male. Si muore continuamente a Sud, un colpo in faccia e via. Un’estorsione per ferragosto o natale. Questo attiene all’imbarbarimento della società, non al crimine. Ed anche i flussi finanziari della camorra. Quali? Qualche supermercato? Qualche tratta della TAV? Riciclo in Svizzera? Influenza sulla Borsa di Milano? Forse. Probabilmente ci guadagna il negozio di oggetti per la casa che svuota i suoi magazzini di materiali pacchiani e brutti.

E i Campani?
Una piccola parte onesta combatte, stringe i denti, circondati da una massa incolta e borghese. Una massa indifferente che non vede mai il cassonetto di monnezza lato strada o la carcassa di bufala sulla spiaggia e non riesce mai a chiamare un numero di carabinieri o polizia. Una massa spaventata, pigra, inerte piuttosto che inerme. Sempre nel grande calderone dell’unificazione informativa abbiamo la borghesia napoletana che discute del futuro (quale?) della città di Napoli (con barca ormeggiata direzione Capri o Positano le anomalie della Campania) e tanto i boiardi di provincia agro-cementizia. Notai, dottori commercialisti che oggi li trovi a fare i conti o a prescriverti una ricetta e domani fanno i sindaci, gli assessori. Cultura politica pari a zero. Dito puntato contro i fuoriusciti, gli emigranti. Parlano da lontano. Hanno ragione, rimangono solo i figli dei boiardi, dei negozianti, e qualche impiegato statale. Il lavoro nun ce stà. E quindi tocca emigrare. Nessuno è così folle da rimanere in un territorio che non da nessuna prospettiva economica e professionale (non la da l’Italia, immagino il resto) e di poi ti ritrovi ai posti di comando gli ignavi che in una paese decente probabilmente gli toglierebbero anche il diritto di voto.

I Campani
, pronti ad agitarsi, ma dopo decenni tutto rimane immutato. E le coste di Caserta e Napoli sono lo specchio della sua società civile: disastro ambientale dopo disastro ambientale. Brutture che si mischiano a schifezze. L’orrido occupa la vista. Nel frattempo, però, ecco anche comparire sulla scena i politici, quelli che siedono a Roma. Complici e colpevoli di una gestione che produce degrado. I Campani li votano, li sostengono, perché non si sa mai che ci esca un lavoro da qualche parte. Questi politici così tronfi e mai nessuno a rinfacciargli la propria pochezza e collusione. Questi politici campani così sottotitolati nei telegiornali perché nun se capisce niente quando cercano di parlare italiano.

I Campani
diventano lo specchio di ciò che si vede: tondini di ferro a perdita d’occhio, case scrostate, strade con buche, fogne mal funzionanti. Ma ci sta la camorra! Già quella che arruola anche le guardie municipali. Siamo brutti, sporchi e cattivi. Siamo Campani. Senza una dignità storica da difendere. Una dignità che elevi lo sguardo verso il domani. Giudizio severo? E in quale altra terra sotterrano interi camion piena di merda radioattiva?

I Campani
colletti bianchi e politici, società civile e indifferenti felici al pari come un ecologista nel verde della Svezia. Il loro verde è una distesa di cemento, piani urbanistici disegnati da un cieco. Disordine e caos cittadino fatto di vicoli e strade malridotte. Rumore, grida e ostilità. Ogni mattina che si svegliano e vedono il panorama mutare al peggio si sentono sollevati. Sono a casa.

I Campani
mortificano se stessi fin quando lasceranno che piccole menti vengano credute criminali, e fin quando lasceranno la gestione del bene pubblico in mano a personaggi che sanno a malapena infilare un congiuntivo dopo l’altro. Non è il caso di offendersi o indignarsi, non più di quando osservando il mare si sente il profumo di uova marcia tipico di una discarica abusiva. I Campani non sono capaci neanche di sistemare la loro spazzatura. Anche gli ominidi sapevano coprire la propria merda. Noi diventiamo scandalo internazionale e lo chiamano problema rifiuti. Qualcuno ha mai pagato? No, e non lo farà mai. Nessuna paga, tutto marcisce, però.

I Campani
che non fanno una piega davanti alle classifiche della qualità della vita, ignorando il significato di qualità e di vita: Napoli 97esima su 100, Caserta 94esima su 100, 90esima su 100, Avellino 83esima su 100, Benevento, 81esima su cento.

I Campani
che rendono fede a ciò che scrisse Piovene: “In nessun altro paese sarebbe permesso assalire come da noi, deturpare città e campagne, secondo gli interessi e i capricci di un giorno. Gli italiani non temano di essere poco futuristi. Lo sono più degli altri, senza avvedersene, sebbene questo non significhi sempre essere più avanzati. In nessun altro paese come da noi tutto il campo sembra occupato dagli attivisti di ogni specie; in nessun altro, quasi per tacito accordo di affaristi e sociologi, è così radicata la convinzione che contino solo i problemi di denaro e di cibo. Il rischio dell’Italia è di entrare nel numero dei paesi di cultura bassa, giacché è possibile essere intelligenti e di cultura bassa”.
E veniamo a noi, coloro che scrivono di Camorra, campani e non. Cercando e indagando. Il più delle volte persi in opinioni e interpretazioni. Nel cercare grandi schemi complessi quando la realtà è semplice, perché gli avversari sono semplici. Più complesse le infinite e logoranti diatribe su chi abbia compreso di più della Camorra o chi abbia più ragione da vendere. In attesa di un altro editore che deciderà quale tema diventerà centrale nella discussione. Credendo che la Camorra possa essere più pericolosa della Mafia. Noi siamo terra di banditismo ormai, e sarebbe opportuno avere del brigantaggio, invece. O almeno un moto di dignità che possa dare un senso alla parola I Campani, come fece Fava con I Siciliani: “Mi rendo conto che c’è un’enorme confusione sul problema della mafia. I mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione. Non si può definire mafioso il piccolo delinquente che arriva e ti impone la taglia sulla tua piccola attività commerciale, questa è roba da piccola criminalità, che credo abiti in tutte le città italiane, in tutte le città europee. Il fenomeno della mafia è molto più tragico ed importante….”

Depotenziamo la camorra. E la sua scrittura. La Camorra non è la mafia.
La camorra è banditismo moderno. Ovvio, ma in questi tempi in qui la comunicazione dell’antimafia assomiglia troppo ad uno show di veline, è meglio ribadire. Le invocate soluzioni posso essere solo tali quando politici e mestieranti della pubblica amministrazione che depredano il futuro vengono assicurati alla giustizia. Quando la società civile si guarderà allo specchio e ammetterà la sua incapacità. Il Sud lo stanno scollegando sempre di più dal continente europeo. Ci stanno chiudendo in un ghetto. E non ci saranno santi, calciatori o opinionisti a salvarci. Proprio no. Soluzioni? Prendiamo atto della realtà insieme e riflettiamo su un da farsi che sia scevro da sentenze buone per lanci giornalistici o strilli da prima pagina.

Fonte www.sergionazzaro.com

venerdì 1 ottobre 2010

La pedofilia che non c'è

Non avremmo mai immaginato che si arivasse a tanto, ma in questi giorni nella nostra "ridente" cittadina è successo qualcosa che va oltre il limite della decenza umana. E' stata deturpata e violentata la serenità di un'onesta famiglia con schifose voci che parlerebbero di pedofilia. E' vomitevole scoprire che si può avere il coraggio di ammazzare la serenità di una innocente bambina e di un perfetto padre solo per il gusto di rovinare la vita a qualcuno. Si è detto di tutto e questa "ridente" cittadina ha divorato la notizia dandola per buona, con ricevitorie lotto che espongono cartelli con scritto sopra "l'orco del rione san nicola", con gente che giura di averlo letto sul giornale, anche se non c'è mai stato articolo. L'unica e vera violenza l'ha fatta il paese che ha dato per buona una voce messa chissà da chi per fare chissà quale dispetto. Certo il nostro paese è strano, quando si parla di queste cose scabrose, tutti sanno, tutti hanno letto, tutti erano nel fantomatico centro radiologico quando avrebbero scoperto la violenza. Ma poi, quando si tratta di riconoscere chi chiede le mazzette nei negozi, chi ruba, chi minaccia, chi spaccia, nessuno sa niente. I negozianti dicono che non pagano mazzette, i derubati dicono che non è successo, i minacciati non si ricordano che viso aveva, eppure tutti noi sappiamo riconoscere da lontano chi ruba, chi spaccia, chi minaccia, ci camminiamo spalla a spalla, e magari per paura e "rispetto" li salutiamo anche, come in una sorta di equilibrio sociale che non va interrotto. Questo è il bello del nostro paese, viscidi e vigliacchi fino alla fine, ma in fondo è più comodo così. E' più comodo rovinare una famiglia con voci che non hanno basi che denunciare un malvivente rischiando la propria vita a favore della comunità. Noi di Libera diamo piena solidarietà a questa famiglia, e ci farebbe piacere se tutti i gruppi e associazioni inerenti alla nostra "ridente" cittadina ci dessero una mano pubblicando sulla propria bacheca o anche semplicemente parlando con chi fa certe affermazioni che questo schifo di notizia
...NON E' VERA...

sabato 3 aprile 2010

Il Sud e la politica, assente. Campania elettorale

di EMILIANA PISTILLO

La breve pausa pasquale – dall’Erasmus e dalla vita universitaria in genere – quest’anno è più folkloristica. No, non ci sono particolari feste patronali nella mia ridente cittadina campana, quest’anno ci sono le elezioni a (ri)creare il prodottino tipico.


Political folk. Con un abile incastro di voli e treni riesco ad essere al mio seggio ben due ore prima della chiusura ufficiale, l’ultimo giorno utile per votare. Nei paesi come i miei non c’è cosa più divertente che andare a votare: professori che si mettono in stand by per prestarsi ai partiti, uomini d’affari e contadini che fanno i pr, candidati con annesso laccato seguito e grandi sorrisi. Tutti improvvisamente ti diventano amici di vecchia data. Sembra di essere in uno di quei film di “Don Camillo e Peppone”.

Anche questo è sud. In realtà non è altro che la vera stereotipicità del sud. Quella che non rispetta il silenzio elettorale del sabato, quella che candida indagati che posizionati in determinati partiti finiscono per essere i più votati, quella che si lavora i giovani elettori dai primi peli sulla faccia, quella che dagli asili gestiti dalle suore infila i suggerimenti di voto negli zainetti dei bambini. È così che vengono premiati quelli che negli anni precedenti mandavano sms di auguri a ogni festività, davano dritte sugli argomenti – anche sulle pagine di un libro – da studiare per qualche concorso indetto dal Comune, e chessò magari quelli di cui qualche strada in città è dedicata ai suoi avi fascisti.

In tempo reale. In questi paesoni nel mezzo dell’organismo "pulsante" di camorra, si assiste alla lenta evoluzione, graduale, sorprendente e a tratti sconcertante, della tecnologia che arriva in Comune. Niente di meno che, signori, quest’anno le elezioni erano in tempo reale sul sito “.net” del Comune. Inutile nascondere lo stupore: è semplicemente come veder spuntare per la prima volta un fiorellino su un indistinto essere vegetale, in un angolo anonimo del tuo giardino, che è lì da quando eri bambino. In tempo reale, in paesi come questi, vuol dire che i risultati non li verrai a sapere dal Corriere di Caserta del giorno dopo, e che non lo verrai a sapere nemmeno dall'anziano vicino di casa che – dopo una giornata al bar, davanti la scuola adibita a seggio, guarda le elezioni come si guardano i lavori in corso – passa davanti casa e ti urla per strada “si sapeva che vinceva tizio!!”.

Cam-unicazione. In paesi come questi, è durante le elezioni che ci si rende conto di quanto la criminalità organizzi bene la sua comunicazione. La comunicazione, quella dei voti, scorre sui cellulari di ultima generazione – un clic nella cabina elettorale ed è fatta –, scorre su internet – come gli incontri tra i boss di camorra organizzati addirittura via mail -, ma scorre anche con falsi richiami mediatici: simulare la “famosa” emergenza rifiuti proprio qualche settimana prima delle elezioni, per farla sparire il giorno prima della chiamata alle urne, cos’è se non una comunicazione non verbale, quasi tattile, spacciata per sciopero degli operatori ecologici?

Ritorno al futuro. E da qui, dalla plurisecolare Terra Laboris (ce l’hanno menata eh?!), il problema bavaglio, Santoro, Berlusconi, sembra una nullità. Accendere la tv dopo le elezioni e trovare a Porta a Porta di nuovo Pippo Baudo, Nancy Brilli, Ezio Greggio che tornano a palare dei 50 anni della televisione sembra rincuorante. Vedere Annozero e Ballarò che tornano in pompa magna fa piacere sì. Ma dopo le elezioni, qui, sulle prime pagine dei giornali locali la sfilza di facce dei politici eletti o trombati torna ad essere sostituita da quella dei latitanti, degli arrestati, degli ammazzati. Ieri sera nella piazza principale hanno sparato e ferito gravemente un uomo di colore. Va bene Internet, ma per capire qualcosa, qui, bisogna ancora aspettare il giornale del giorno dopo: il silenzio elettorale vale per tutti.

Fonte: http://www.comuniclab.it/



sabato 16 gennaio 2010

Spartacus giunge alla conclusione

ROMA - La Cassazione conferma tutti e sedici gli ergastoli contro il clan dei Casalesi. Si è concluso così, questa sera, il processo "Spartacus" che vedeva alla sbarra una delle più sanguinarie cosche della camorra. Dopo quasi cinque ore di camera di consiglio, il collegio della Suprema Corte, presieduto da Edoardo Fazzioli, ha emesso il suo verdetto respingendo tutti i ricorsi presentati dai 24 imputati accusati e condannati per diversi reati tra cui associazione mafiosa, omicidio, porto abusivo d'armi e estorsione.

Tra gli imputati più noti ci sono: Francesco Schiavone (Sandokan), Francesco Bidognetti, Michele Zagaria e Antonio Iovine. Gli ultimi due sono latitanti. Confermata in toto la sentenza della Corte d'appello di Napoli.

Le condanne. Oltre ai sedici ergastoli, la suprema corte, in particolare, ha rigettato e dichiarato inammissibili anche i ricorsi di altri otto imputati per i quali sono state confermate le condanne dai 3 ai 20 anni. In particolare, diventano definitive le condanne per Antonio Basco (21 anni), Luigi Diana (16 anni, oggi pentito); Nicola Pezzella (15 anni). Dieci anni e mezzo vanno al collaboratore di giustizia Carmine Schiavone. Guido Mercurio è stato condannato a 9 anni, Corrado De Luca - attualmente latitante - a 8 anni. Quattro anni per Alberto Di Tella, 3 anni e tre mesi per Vincenzo Della Corte.

Il processo. E' dal 1986, anno della sentenza Bardellino, che mancava una condanna così complessiva e definitiva alla criminalità organizzata più potente del casertano. Il processo 'Spartacus' è il risultato di una inchiesta condotta per cinque anni, dal '93 al '98, dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli. Le indagini furono alimentate dalle dichiarazioni di molti collaboratori di giustizia e hanno messo in luce, anche attraverso la ricostruzione di 18 omicidi, l'affermazione del clan dei Casalesi e la crescita del suo potere economico. L'indagine diede origine a più tronconi processuali. Il primo grado del processo 'Spartacus' iniziò nell'estate del '98, snodandosi poi per sette anni con 630 udienze e l'ascolto di oltre 600 testimoni. La sentenza fu emessa dal collegio, presieduto dal giudice Raffaele Magi, il 15 settembre 2005. Pochi meso dopo iniziò il processo di secondo grado, conclusosi nel 2008 con la sentenza che oggi la Cassazione ha confermato in toto.


I condannati. La sentenza "azzera" i vertici dei casalesi: Francesco Schiavone, detto Sandokan, il capo indiscusso, il suo (ormai ex) braccio destro Francesco Bidognetti, soprannominato Cicciotto è mezzanotte, e i due boss latitanti che avrebbero acquisito in questi anni il ruolo di reggenti dell'organizzazione, ovvero Antonio Iovine e quel Michele Zagaria che si fece costruire la villa sul modello di quella di Scarface interpretato da Al Pacino.

Il processo Spartacus, dal nome dello schiavo che capeggiò la rivolta contro l'Impero romano e che nelle intenzioni dagli inquirenti Antimafia doveva simboleggiare la ribellione allo strapotere della cosca, racconta soprattutto una lunga catena di omicidi avvenuti tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta. Delitti, spesso portati a termine con la tecnica della lupara bianca, compiuti allo scopo di acquisire il potere all'interno del clan, rimarcare il predominio nella gestione degli affari illeciti e ridurre alla ragione quegli alleati che aspiravano ad accrescere il proprio ruolo entrando in conflitto con i capi storici. L'inchiesta dalla quale è scaturito il dibattimento, sulla scorta delle rivelazioni di diversi pentiti tra i quali Carmine Schiavone, ha consentito di svelare i segreti della potente cosca: si parte dal momento cruciale che è l'eliminazione del capo carismatico, Antonio Bardellino, ucciso in un agguato in Brasile (il cadavere non è stato mai ritrovato) e si prosegue con l'ascesa ai vertici dell'organizzazione del gruppo capeggiato da Francesco Schiavone, noto come Sandokan e con il successivo conflitto con le fazioni che tentavano di ostacolare il predominio dei camorristi di Casal di Principe, come i De Falco e i La Torre.

Scontri generati dall'obiettivo di esercitare il controllo degli affari illegali gestiti da quella che è stata definita "camorra imprenditrice", che converte cioè in attività apparentemente lecite (come l'edilizia e il commercio del calcestruzzo) i proventi delle estorsioni e altri reati.

I Casalesi incassano oggi una pesante sconfitta, ma la partita per l'affermazione della legalità nel Casertano non è affatto chiusa. Negli ultimi tempi infatti la cosca, decimata dagli arresti e dalla decisione di collaborare con la giustizia di altri boss e gregari, appare in cerca di nuovi equilibri ma non affatto rassegnata a deporre le armi.

Per decenni le attività di questo clan, dalla struttura e dalla mentalità più mafiosa che camorristica (che preferiva agire sotto traccia rinunciando per quanto possibile ad azioni eclatanti, tipiche invece della fazione stragista di Giuseppe Setola, anch'egli finito in manette), sono state gestite al riparo dai "riflettori". L'attenzione dei media e dell'opinione pubblica sui Casalesi si è accesa improvvisamente solo in seguito al successo planetario del libro "Gomorra" di Roberto Saviano, in cui le imprese criminali del clan costituiscono il fulcro della narrazione.

Fonte: La repubblica.it

venerdì 4 dicembre 2009

LA FOCE DELLE NOTIZIE IL NOTIZIARIO DI CASTEL VOLTURNO




Un progetto di video partecipato a cura di Angelo Loy ed Emanuele Vernillo

realizzato dai ragazzi e dalle ragazze della Scuola Media G. Garibaldi in collaborazione con il Centro di accoglienza per immigrati Fernandes di Castel Volturno.


Castel Volturno 5 dicembre 09

La Foce delle Notizie è l’esito di un laboratorio sulle tecniche di ripresa audiovisiva che un gruppo di ragazzi ha utilizzato per realizzare ‘notiziari di approfondimento’, con set televisivi, conduttori, ospiti e inviati per i servizi esterni. Un esperimento pratico di inchiesta su temi complessi quali immigrazione, legalità e ambiente, affrontati con uno sguardo diverso dalla cronaca che spesso caratterizza le terre del Casertano.

sabato 5 ore 18.00 - Fattoria didattica Ex-Zaza ‘Le Terre di Don Peppe Diana’

Castel Volturno, via del Cigno, traversa di via Pietro Pagliuca in collaborazione con LIBERA Caserta

incontro condotto da Raffaele Sardo

proiezione La Foce delle Notizie - versione integrale di 45’


sabato 14 novembre 2009

L'emendamento traditore

Beni confiscati alle mafie: don Ciotti "L'emendamento della Finanziaria votato ieri al senato tradisce lo spirito della legge sui beni confiscati"













1995 - Raccolta di firme per una

legge popolare sulla confisca e il riutilizzo
dei beni alle mafie

«Con l'emendamento votato oggi al Senato che consente la vendita dei beni immobili confiscati alle mafie, viene di fatto tradito l'impegno assunto con il milione di cittadini che nel 1996 firmarono la proposta per la legge sull'uso sociale dei beni confiscati alla mafia e la loro restituzione alla collettività. Il divieto di vendere questi beni è un principio che non può e non deve,salvo eccezioni,essere messo in discussione. Se l'obiettivo è quello di recuperare risorse finanziarie strumenti già ce ne sono, a partire dal "Fondo unico giustizia" alimentato con i soldi "liquidi" sottratti alle attività criminali, di cui una parte deve essere destinata prioritariamente ai famigliari delle vittime di mafia e ai testimoni di giustizia.
Ma è un tragico errore vendere i beni correndo di fatto il rischio di restituirli alle organizzazioni criminali, capaci di mettere in campo ingegnosi sistemi di intermediari e prestanome e già pronte per riacquistarli, come ci risulta da molteplici segnali arrivati dai territori più esposti all'influenza dei clan. Facciamo un appello a tutte le forze politiche perchè questo emendamento, che rischia di tradursi in un ulteriore "regalo" alle mafie, venga abolito nel passaggio alla Camera
».